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mercoledì 9 marzo 2011

RICERCA, POLITICA E INNOVAZIONE

La ricerca, quale tratto permanente dell’esistenza umana, si configura come una condizione esistenziale del nostro essere uomini in quanto attraverso essa ci si adopera per la soluzione di un problema permettendo al tempo stesso, un avanzamento della conoscenza. Chi intraprende un percorso di ricerca assume un atteggiamento consapevole, cauto e critico, teso a mettere alla prova e, se necessario, a eliminare le proprie congetture, pur di giungere alla soluzione più soddisfacente del problema di partenza.
La ricerca scientifica ha lo scopo di scoprire, interpretare e revisionare fatti, eventi, comportamenti o teorie sulla realtà attraverso il metodo scientifico, mediante, quindi, un sapere controllabile sulla base dell’evidenza empirica, ossia dati fattuali, osservazioni, registrazioni di dati ed eventi, raccolti rilevando gli stati assunti da determinate proprietà degli oggetti/soggetti sotto esame.
Pertanto oggettivando il problema, lo si pone al di fuori di sé e si formulano ipotesi, in modo da poterle annientare per mezzo di un metodo critico, ossia un sapere generato mediante procedure che il ricercatore deve rendere il più possibile chiare ed esplicite. Esplicitare tutti i passaggi logici ed empirici, e le scelte che il ricercatore è inevitabilmente chiamato a compiere, consente il controllo del suo lavoro da parte di altri ricercatori, ed eventualmente la ripetizione della ricerca, al fine di verificare la consistenza dei risultati. Una ricerca che rispetti i canoni del metodo scientifico è quindi una ricerca in cui tutti i singoli passaggi e le singole scelte sono criticabili. E’ una ricerca che stimola il dibattito, che dà luogo ad un processo di creazione di un sapere intersoggettivamente condivisibile, internamente coerente, trasparente e passibile di essere messo in discussione, un sapere appunto scientifico.
Nell’area della ricerca educativa, rientrano tutti gli studi e le ricerche che, tenendo conto dell'esigenza fondamentale di fare riferimento all'esperienza, tendono a qualificare la descrizione, l'analisi, la valutazione e l'interpretazione dei processi educativi attraverso l'utilizzazione degli strumenti propri della ricerca scientifica.
“Fare riferimento all’esperienza”: è questo un assunto che dovrebbe vedere impegnate in primis i docenti, tra le cui competenze deve esserci, a detta di C. Coggi, proprio il “saper fare ricerca”, inteso come capacità di risolvere, in maniera attiva, i problemi, che si presentano di volta in volta nell’ambito educativo, costruendo conoscenze affidabili, e trasferibili ad altri contesti. In realtà, (anche in riferimento alla mia esperienza come docente di scuola primaria) si potrebbe dire che nella scuola si fa ricerca tutti i giorni, in quanto ci si trova di fronte a problematiche nuove e diverse poiché tanti e diversi sono gli alunni, che
richiedono l’adozione di strategie atte a favorire ora la relazione, ora l’inclusione, ora la motivazione all’apprendimento…Solo che spesso non si adotta un metodo scientifico, o una ricerca riflessiva sul fatto educativo, sulle strategie adottate, in modo da comparare e quindi rilevare i dati, condividerli, così da renderli trasferibili in altri contesti e adattabili ad altre situazioni. “The real voyage of discovery consists not in seeking new landscapes, but in having new eyes” “Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi”. (Marcel Proust), ma spesso si continua nell’uso che si ritiene più opportuno senza “guardare” effettivamente ai risultati ottenuti.
In altri casi si pensa alla “ricerca” come a qualcosa di calato dall’alto e che occorre fare per le esigenze di quel particolare governo in carica! A ciò corrisponderebbe, secondo la Viganò una professionalità docente delineata in termini “esecutivi”.

La politica, è l'Arte di governare le società. “L’uomo è per natura un animale politico” affermava Aristotele. Infatti, la prima definizione di "politica" risale proprio al filosofo ateniese, secondo cui politica significava l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.
Nella storia la politica è stata sempre al centro delle attività degli uomini. Ne ha determinato le condizioni, ha indirizzato il loro cammino, ha influito sulle loro sorti.
La politica (complesso di teorie e tecniche) è lo strumento di organizzazione di una società con comune o compatibile cultura e tradizione.
Quindi lo scopo della politica è di salvaguardare gli interessi comuni dei diversi individui e delle diverse comunità che costituiscono l’intera popolazione. La difficoltà maggiore che la politica incontra è quella saper individuare i valori di una popolazione e di non confondere questi con gli interessi della maggior parte della popolazione stessa.
Il compito della politica non è di dare le risposte, ma fornire la cornice che permetta a ognuno di cercare e trovare la sua risposta. E nella scuola, le politiche scolastiche costituite da regolamenti, circolari, leggi, decreti promulgati dai governi dovrebbero servire a migliorare i livelli di istruzione degli studenti, favorire lo sviluppo sociale, la crescita economica nonché la gestione e l’organizzazione che determinano le condizioni di vita nelle scuole. Il ruolo della politica scolastica, come afferma Bottani, non è tanto quello di gestire l’emergenza, di mettere a mare le scialuppe di salvataggio, quanto quello di prevedere nuove modalità di istruzione, una nuova funzione per la scuola, ossia elaborare una visione globale di società entro la quale collocare un servizio pubblico d’istruzione. Occuparsi, quindi, del bene comune in campo educativo e/o scolastico, stimolando la ricerca scientifica che determini lo sviluppo di innovazioni.
Innovazione è un’attività di pensiero che, elevando il livello di conoscenza attuale, perfeziona un processo migliorando, quindi, il tenore di vita dell'uomo: è cambiamento che genera progresso umano.
L'innovazione non è limitata all'ambito tecnico, essa esiste in ogni settore, ma viene spesso legata alla tecnologia e, nell’ambito scolastico è fortemente correlata all’uso delle TIC.
L'analisi delle innovazioni dimostra che i miglioramenti sono piccoli nel tempo, ma sono anche continui.
In ambito scolastico parlare di Innovazione vuol dire spesso far riferimento a qualcosa di “nuovo” e complesso, che per condurre ad un miglioramento, sconvolge e stravolge le “certezze” (limitanti!) su cui per diverso tempo si era fondato il rapporto insegnamento-apprendimento; questo perché la percezione dell’innovazione a scuola si avvicina, come detto in precedenza, a quella di innovazione tecnologica!
Il nuovo, il differente, in realtà spaventa sempre perché comporta, inevitabilmente l’incontro/scontro con se stessi e con “l’altro” in un’accezione che vede nella fattispecie, docenti e organizzazione scolastica mettersi in discussione continuamente, e che conduce inesorabilmente alla modificazione di quell’habitus, quale insieme di schemi di percezione, di valutazione, di pensiero e di azione, costituito da routine e che si costruisce progressivamente con l’esperienza e la ripetizione. D’altronde, come afferma Cros, riguardo alle proprietà interne dell’innovazione, il nuovo è in riferimento ad un contesto e ciò che appare nuovo per alcuni, non sempre lo è per altri, sebbene il nuovo porti con sé quel “processo” di cambiamento che, dalla fase iniziale giunge a diventare parte integrante del sistema in rapporto al “senso” attribuito dai soggetti agli stessi processi innovativi.
Ma come si “innova” se non dopo aver fatto “ricerca” con l’acquisizione di quel “sapere d’azione” che alimentato dalla pratica quotidiana, a sua volta ne è alimentato? E a quale ricerca ci si dedica nella scuola dell’autonomia se non a quelle sperimentazioni che, incentivate dai bandi di concorso emanati dal MIUR (ad es. “Sperimentazione ICF”), quindi calate dall’alto, a seconda delle priorità date dai vari governi, fanno sì che si verifichino (e a volte in modo fin troppo superficiale) “conclusioni” a cui sono già giunti altri? E quale politica di “tagli” può spronare alla ricerca per l’innovazione, che è necessaria in una società fluida che si presenta al pari della “rete”, come un universo “a-centrato”, dove solo un pensiero critico, creativo è in grado di trovare approdi in un mare aperto?
La politica attuale, come nel 1983 negli Stati Uniti (“ A Nation at Risk”) addebita le colpe della non preparazione culturale e/o specializzata alla scuola, o meglio, agli insegnanti, che dovrebbero essere valutati e “premiati”, non si sa con quali criteri oggettivi, mentre in realtà non si investe nella ricerca, non si dà valore, né peso ai risultati, in larga parte negativi registrati con le “famose” e discusse prove Invalsi, se non per continuare ad affermare l’esistenza di due realtà scolastiche (del Nord e Sud Italia). Non ci si pone domande ad esempio, sul perché i dati di quelle prove siano spesso discordanti con quelli delle singole scuole, non si investe nella formazione e aggiornamento dei docenti in servizio, che appaiono sempre più demotivati dai giudizi di una società che, mentre da un lato li addita come responsabili della non preparazione professionale e competitiva che necessiterebbe oggi, dall’altro non vede più nella scuola “l’agenzia” formativa ed educativa che, forse, era un tempo.
Probabilmente ha ragione Bottani quando parla di “fuga degli insegnanti” (e non solo per i tagli al personale!) in altri settori, verso “più appetibili opportunità di lavoro”…Il sentirsi oggi, “docenti precari di ruolo!” per una politica che non mira alla qualità, alla continuità che pur va continuamente richiedendo, una politica Nazionale che si riflette nelle singole istituzioni scolastiche, laddove spesso, anche i dirigenti, attenti solo al rispetto dei “dettami” governativi (altrimenti ...sanzioni!), perdono di vista quella che dovrebbe essere la qualità di un’organizzazione al servizio di coloro che saranno i cittadini di domani.
Una corretta politica scolastica necessita, quindi, dell’istituzione di tavoli di lavoro a livello territoriale per progettare percorsi e per coordinare le attività; servono risorse non vincolate per permettere corsi di formazione rivolti ai docenti per consentire il superamento di modelli e tecniche educative e formative tradizionali e l’adozione di strategie, modelli e contributi professionali adeguati alle nuove e diverse esigenze.